mapi_littleowl (
mapi_littleowl) wrote2010-06-19 04:39 pm
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Gundam Wing. Relena Darlian. 7/7
FINALMENTE HO FINITO! ♥
Titolo: Era stata una principessa, quella notte
Autore:
mapi_littleowl
Fandom: Gundam Wing
Personaggio: Relena Darlian
Pairing: Nessuno
Rating: G
Prompt: 1. Sala da ballo a mezzanotte.
Conteggio Parole: 1053 (Fidipù)
Riassunto: Fece un passo, e poi un altro, e un altro ancora, fino a trovarsi al centro della grande sala, esattamente sotto gli sguardi delle mille e più luci che avevano fatto brillare il parquet e i gioielli e gli splendidi sorrisi delle dame e, senza attendere che un cavaliere venisse a porgerle la mano, incominciò a ballare.
Era stata una principessa anche molto prima di quella notte.
Note: È una metafora, io credo. Sì, credo che debba essere una metafora della sua vita, il che ha un non so che (ah ah) di epico, considerando che questa è l'ultima fanfic per la tabella. Oddio, ancora non ci credo! /o\ Be', non sarà un granché, ma è fatta. Che emozione!
Avvertenze: Nessuna
Disclaimer: Gundam Wing appartiene agli aventi diritto. Questa fanfiction non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: Tabella
Fuori dalle grandi vetrate che si affacciavano sul giardino la notte era calata dolcemente, quasi non vista attraverso le luci scintillanti che, fino a poche ore prima, avevano illuminato la grande sala da ballo e che adesso si erano spente, permettendo all'oscurità di entrare e di abbracciare i preziosi stucchi e i rilucenti lampadari che pendevano dalle volte del soffitto.
La stanza era deserta eppure, mentre si guardava intorno e riconosceva a malapena i profili dei grandi tavoli e delle rade sedie che erano rimaste, Relena poteva ancora sentire gli echi dei valzer e il chiacchiericcio garbato degli ospiti spandersi nell'aria, attorno a lei, come se l'essenza stessa della festa non avesse ancora abbandonato quel luogo. Sospirò e chiuse gli occhi, allargando le braccia come se potesse abbracciare l'intera stanza, e rimase immobile, assaporando quella sensazione fino in fondo, lasciando che entrasse in ogni parte di lei.
Era stata una principessa, quella notte.
Senza aprire gli occhi, stese le braccia lungo i fianchi e incrociò le dita dietro la schiena, lasciandosi trasportare dalla musica che poteva sentire soltanto lei. Fece un passo, e poi un altro, e un altro ancora, fino a trovarsi al centro della grande sala, esattamente sotto gli sguardi delle mille e più luci che avevano fatto brillare il parquet e i gioielli e gli splendidi sorrisi delle dame e, senza attendere che un cavaliere venisse a porgerle la mano, incominciò a ballare.
Era stata una principessa anche molto prima di quella notte.
Mentre volteggiava, sola nella luce che brillava nella sua memoria, Relena ricordò com'era danzare con suo padre. La mano appoggiata dolcemente sul suo fianco e la sua stretta forte, decisa, che la guidava in ogni passo, proteggendola dagli errori maldestri e dai pretendenti con cui non aveva alcun desiderio di danzare.
Sorrise, al pensiero di quanto aveva avuto bisogno di lui allora e di come quel bisogno non fosse affatto scemato negli anni ma che, al contrario, era rimasto invariato e forse aumentato.
Quando lui aveva lasciato la sua mano, lei aveva dovuto imparare a ballare anche con tutti gli altri.
C'erano stati coloro che l'avevano stretta e venerata e c'erano stati coloro che, ancora incapaci di muovere un passo avanti all'altro, avevano avuto bisogno che rallentasse, che fosse lei a insegnare loro come guidarla in quella danza forse impacciata e frenetica in cui, a modo suo, aveva imparato a dettare le sue regole.
E non era stata più principessa, ma Regina.
Relena aggrottò le sopracciglia, forse stanca di tutto il suo volteggiare, e si fermò, la schiena dritta, le braccia ancora sollevate; quando sentì che tutto il suo mondo iniziava a fermarsi attorno a lei, riaprì gli occhi.
Le ombre la colpirono con più forza di quello che si sarebbe aspettata. Sbatté le palpebre più volte, quasi a voler essere sicura di avere ancora gli occhi aperti, e si guardò intorno, di nuovo, cercando di distinguere le forme che aveva intravisto soltanto pochi istanti prima. Vide i tavoli e le sedie stagliarsi con poca energia contro i vetri e i muri e abbassò lo sguardo, cercando le punte delle sue scarpe che scomparivano nelle ombre che strisciavano sul pavimento e, quando non le trovò, sollevò il mento, puntando lo sguardo avanti a sé.
Si tolse le scarpe e appoggiò i piedi nudi sul parquet gelido, sentendo una lunga scarica attraversarla da capo a piedi e inspirò, a pieni polmoni.
Non era più Regina, era soltanto se stessa. Solo Relena.
Mosse un passo, meno esitante di quello che avrebbe potuto immaginare, e si incamminò nel buio, a piedi scalzi, guidata soltanto dal suo istinto. Sapeva di potersi fidare.
Attraversò la grande sala senza distogliere lo sguardo, continuando a camminare e a superare qualsiasi ostacolo nascosto nell'ombra. Quando i suoi piedi incontrarono il marmo freddo dei grandi scalini che portavano nella sala si fermò, esitante e si volse indietro, socchiudendo le palpebre per poter vedere meglio al buio.
Da quella posizione, tutto sembrava molto diverso.
Si sfilò i guanti bianchi, stringendoseli nel pugno, e si sedette sui grandi scalini, incurante di spiegazzare o no il suo vestito. Si appoggiò le mani sulle ginocchia e sorrise, richiamando alla sua mente le immagini della grande festa che, quella sera, avevano dato in onore del suo compleanno.
Era stata ancora una principessa, soltanto per quella notte.
Stiracchiò le gambe e la schiena, quando il torpore della stanchezza iniziò a prendere il sopravvento su di lei. Avrebbe fatto molto meglio ad andare a dormire, lo sapeva: l'indomani sarebbe stata una giornata impegnativa e doveva affrontarla al pieno delle sue energie.
Fece schioccare la lingua, risoluta, ma non si mosse. Non ancora.
«Relena?»
Alle sue spalle, una voce profonda, una voce che non si sarebbe aspettata di sentire lì, quella sera. Si voltò con un grande sorriso sulle labbra sicura che, nonostante non ci fosse luce, lui l'avrebbe visto.
«Buona sera,» sussurrò, lasciando che dalla sua voce trasparisse una note divertita.
Sentì che lui faceva un passo avanti, giù dalla scalinata. «Non è tardi?»
Lei si strinse nelle spalle. «Sei preoccupato per me?»
Non poteva vederlo, ma sapeva che la sua espressione non era cambiata: solo nei suoi occhi c'era stato un lampo, la luce di una consapevolezza. «No,» le rispose, dopo un attimo di silenzio. Sono solo qui per vegliare su di te.
«Comunque è tardi davvero,» ammise, ridacchiando. «Sarà meglio che me ne vada a letto, vero?» Relena si alzò in piedi e fece un passo verso di lui, prima di fermarsi a metà tra due scalini. «Ma prima,» mormorò, appoggiando le mani sui fianchi, «dovrò andare a riprendere le scarpe, mi sa.»
«Le scarpe?» Lei si voltò solo un istante per vedere la sua ombra sollevare il mento e allungare lo sguardo verso il centro della sala. «Mh. Se vuoi ci penso io.»
Relena scosse il capo e poi si strinse nelle spalle, iniziando ad incamminarsi. «No, grazie. Credo che sia una cosa che devo fare per conto mio,» spiegò, prima di fermarsi ad alcuni passi di distanza, le sopracciglia aggrottate. «Però,» mormorò, pensosa. «Però, ecco, se ti va, potresti accendermi una luce. Soltanto una, per aiutarmi a vedere.»
Lui non le rispose ma lei sentì distintamente i suoi passi allontanarsi su per le scale e quando una luce fievole salì ad illuminare la grande sala, lei sorrideva: «Grazie, Heero.»
Titolo: Era stata una principessa, quella notte
Autore:
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Fandom: Gundam Wing
Personaggio: Relena Darlian
Pairing: Nessuno
Rating: G
Prompt: 1. Sala da ballo a mezzanotte.
Conteggio Parole: 1053 (Fidipù)
Riassunto: Fece un passo, e poi un altro, e un altro ancora, fino a trovarsi al centro della grande sala, esattamente sotto gli sguardi delle mille e più luci che avevano fatto brillare il parquet e i gioielli e gli splendidi sorrisi delle dame e, senza attendere che un cavaliere venisse a porgerle la mano, incominciò a ballare.
Era stata una principessa anche molto prima di quella notte.
Note: È una metafora, io credo. Sì, credo che debba essere una metafora della sua vita, il che ha un non so che (ah ah) di epico, considerando che questa è l'ultima fanfic per la tabella. Oddio, ancora non ci credo! /o\ Be', non sarà un granché, ma è fatta. Che emozione!
Avvertenze: Nessuna
Disclaimer: Gundam Wing appartiene agli aventi diritto. Questa fanfiction non è scritta a scopo di lucro.
Tabella: Tabella
Fuori dalle grandi vetrate che si affacciavano sul giardino la notte era calata dolcemente, quasi non vista attraverso le luci scintillanti che, fino a poche ore prima, avevano illuminato la grande sala da ballo e che adesso si erano spente, permettendo all'oscurità di entrare e di abbracciare i preziosi stucchi e i rilucenti lampadari che pendevano dalle volte del soffitto.
La stanza era deserta eppure, mentre si guardava intorno e riconosceva a malapena i profili dei grandi tavoli e delle rade sedie che erano rimaste, Relena poteva ancora sentire gli echi dei valzer e il chiacchiericcio garbato degli ospiti spandersi nell'aria, attorno a lei, come se l'essenza stessa della festa non avesse ancora abbandonato quel luogo. Sospirò e chiuse gli occhi, allargando le braccia come se potesse abbracciare l'intera stanza, e rimase immobile, assaporando quella sensazione fino in fondo, lasciando che entrasse in ogni parte di lei.
Era stata una principessa, quella notte.
Senza aprire gli occhi, stese le braccia lungo i fianchi e incrociò le dita dietro la schiena, lasciandosi trasportare dalla musica che poteva sentire soltanto lei. Fece un passo, e poi un altro, e un altro ancora, fino a trovarsi al centro della grande sala, esattamente sotto gli sguardi delle mille e più luci che avevano fatto brillare il parquet e i gioielli e gli splendidi sorrisi delle dame e, senza attendere che un cavaliere venisse a porgerle la mano, incominciò a ballare.
Era stata una principessa anche molto prima di quella notte.
Mentre volteggiava, sola nella luce che brillava nella sua memoria, Relena ricordò com'era danzare con suo padre. La mano appoggiata dolcemente sul suo fianco e la sua stretta forte, decisa, che la guidava in ogni passo, proteggendola dagli errori maldestri e dai pretendenti con cui non aveva alcun desiderio di danzare.
Sorrise, al pensiero di quanto aveva avuto bisogno di lui allora e di come quel bisogno non fosse affatto scemato negli anni ma che, al contrario, era rimasto invariato e forse aumentato.
Quando lui aveva lasciato la sua mano, lei aveva dovuto imparare a ballare anche con tutti gli altri.
C'erano stati coloro che l'avevano stretta e venerata e c'erano stati coloro che, ancora incapaci di muovere un passo avanti all'altro, avevano avuto bisogno che rallentasse, che fosse lei a insegnare loro come guidarla in quella danza forse impacciata e frenetica in cui, a modo suo, aveva imparato a dettare le sue regole.
E non era stata più principessa, ma Regina.
Relena aggrottò le sopracciglia, forse stanca di tutto il suo volteggiare, e si fermò, la schiena dritta, le braccia ancora sollevate; quando sentì che tutto il suo mondo iniziava a fermarsi attorno a lei, riaprì gli occhi.
Le ombre la colpirono con più forza di quello che si sarebbe aspettata. Sbatté le palpebre più volte, quasi a voler essere sicura di avere ancora gli occhi aperti, e si guardò intorno, di nuovo, cercando di distinguere le forme che aveva intravisto soltanto pochi istanti prima. Vide i tavoli e le sedie stagliarsi con poca energia contro i vetri e i muri e abbassò lo sguardo, cercando le punte delle sue scarpe che scomparivano nelle ombre che strisciavano sul pavimento e, quando non le trovò, sollevò il mento, puntando lo sguardo avanti a sé.
Si tolse le scarpe e appoggiò i piedi nudi sul parquet gelido, sentendo una lunga scarica attraversarla da capo a piedi e inspirò, a pieni polmoni.
Non era più Regina, era soltanto se stessa. Solo Relena.
Mosse un passo, meno esitante di quello che avrebbe potuto immaginare, e si incamminò nel buio, a piedi scalzi, guidata soltanto dal suo istinto. Sapeva di potersi fidare.
Attraversò la grande sala senza distogliere lo sguardo, continuando a camminare e a superare qualsiasi ostacolo nascosto nell'ombra. Quando i suoi piedi incontrarono il marmo freddo dei grandi scalini che portavano nella sala si fermò, esitante e si volse indietro, socchiudendo le palpebre per poter vedere meglio al buio.
Da quella posizione, tutto sembrava molto diverso.
Si sfilò i guanti bianchi, stringendoseli nel pugno, e si sedette sui grandi scalini, incurante di spiegazzare o no il suo vestito. Si appoggiò le mani sulle ginocchia e sorrise, richiamando alla sua mente le immagini della grande festa che, quella sera, avevano dato in onore del suo compleanno.
Era stata ancora una principessa, soltanto per quella notte.
Stiracchiò le gambe e la schiena, quando il torpore della stanchezza iniziò a prendere il sopravvento su di lei. Avrebbe fatto molto meglio ad andare a dormire, lo sapeva: l'indomani sarebbe stata una giornata impegnativa e doveva affrontarla al pieno delle sue energie.
Fece schioccare la lingua, risoluta, ma non si mosse. Non ancora.
«Relena?»
Alle sue spalle, una voce profonda, una voce che non si sarebbe aspettata di sentire lì, quella sera. Si voltò con un grande sorriso sulle labbra sicura che, nonostante non ci fosse luce, lui l'avrebbe visto.
«Buona sera,» sussurrò, lasciando che dalla sua voce trasparisse una note divertita.
Sentì che lui faceva un passo avanti, giù dalla scalinata. «Non è tardi?»
Lei si strinse nelle spalle. «Sei preoccupato per me?»
Non poteva vederlo, ma sapeva che la sua espressione non era cambiata: solo nei suoi occhi c'era stato un lampo, la luce di una consapevolezza. «No,» le rispose, dopo un attimo di silenzio. Sono solo qui per vegliare su di te.
«Comunque è tardi davvero,» ammise, ridacchiando. «Sarà meglio che me ne vada a letto, vero?» Relena si alzò in piedi e fece un passo verso di lui, prima di fermarsi a metà tra due scalini. «Ma prima,» mormorò, appoggiando le mani sui fianchi, «dovrò andare a riprendere le scarpe, mi sa.»
«Le scarpe?» Lei si voltò solo un istante per vedere la sua ombra sollevare il mento e allungare lo sguardo verso il centro della sala. «Mh. Se vuoi ci penso io.»
Relena scosse il capo e poi si strinse nelle spalle, iniziando ad incamminarsi. «No, grazie. Credo che sia una cosa che devo fare per conto mio,» spiegò, prima di fermarsi ad alcuni passi di distanza, le sopracciglia aggrottate. «Però,» mormorò, pensosa. «Però, ecco, se ti va, potresti accendermi una luce. Soltanto una, per aiutarmi a vedere.»
Lui non le rispose ma lei sentì distintamente i suoi passi allontanarsi su per le scale e quando una luce fievole salì ad illuminare la grande sala, lei sorrideva: «Grazie, Heero.»