[Beyblade] In quegli occhi verdi
Jan. 11th, 2010 01:40 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: In quegli occhi verdi
Fandom: Beyblade G Revolution
Personaggi: Brooklyn, Kai Hiwatari.
Pairing: Brooklyn/Kai
Parte: 1/1
Rating: NC17
Conteggio Parole: 1164 (Fidipù)
Beta Reader:
sonia_sama ♥
Riassunto: Brooklyn, dall'alto della sua onnipotenza, indugia a giocare un po' con il suo avversario che è deciso a non lasciarsi sconfiggere fino all'ultimo.
Note: Scritta per la terza edizione del p0rn fest di
fanfic_italia con il prompt "verde".
Sia chiaro, non è che la Brooklyn/Kai mi piaccia come coppia: dire che è il mio sogno erotico segreto mi sembra molto più appropriato. *grin* (E l’aggiunta di quel briciolo di TaKa è perché sono un’inguaribile sentimentale.)
Spoiler: Collocata nell’episodio 48 della G Revolution
Disclaimer: Beyblade e i suoi personaggi appartengono a Takao Aoki che, per inciso, il super special awsome ultimo capitolo del Manga poteva pure risparmiarselo...
Warning: Missing Moment, Yaoi, PWP, scene di sesso non consensuale.
Non sa più dove si trova, se è realtà o semplicemente uno scherzo della sua immaginazione o un gioco perverso del suo aguzzino. Resta immobile, non un fiato, mentre tutti i rumori – le grida, le incitazioni, le parole – ogni cosa arriva attutita nelle sue orecchie, come attraverso una barriera che non può vedere né sentire.
Attorno a lui, solo giardini. Una distesa infinita che prosegue fino a perdita d’occhio di ciuffi d’erba scossi dal vento e fiori, a mucchietti sparsi, qua e là un albero a riparare con la sua ombra e uccellini che veleggiano tra le nuvole spumose in un cielo blu perfetto.
È tutto così stucchevole da fargli venire la nausea.
Dove mi trovo?!
Urla, sa di avere urlato, le sente nella gola, le sue grida, schiacciate contro le corde vocali, ma la sua stessa voce non è altro che un misero sussurro portato via dal vento. Urla ancora, di nuovo, più forte questa volta, ma la sua voce è ancora più bassa, ancora più attutita, ancora più fragile.
Si guarda intorno ma tutto ciò che lo circonda sembra seguire il suo sguardo, e ad un certo punto non sa più dov’è girato, dov’era prima, dove sta andando, se sta andando da qualche parte.
Vorrebbe chiudere gli occhi, tornare in sé, ma quel verde accecante, quella bolla fittizia di armonia continuano ad insinuarsi nel suo sguardo, nella sua testa, senza dargli pace. Cade in ginocchio, urla, e sbatte i pugni a terra.
Che posto è questo?!
Chiude gli occhi, serra le palpebre più che può e cerca di scacciarle, quelle immagini, mentre richiama a sé la sua forza, la sua rabbia, il suo orgoglio, la sua disperazione, qualunque cosa possa servirgli per distruggere quel posto, per farlo bruciare fino all’ultimo maledetto filo d’erba.
Vorrebbe esplodere, per il fuoco che si sente dentro, vorrebbe lasciarlo divampare fino ad estinguere tutto se stesso, ma gli si blocca nel petto, negli occhi, nella punta delle dita, schiacciato da quell’aria serafica che lo avvolge, e sembra cullarlo beffarda per metterlo a tacere.
«Perché combatti?»
Sente le orecchie stapparsi all’improvviso, come se ora potesse udire ogni cosa, e solleva la testa. C’è una figura davanti a lui, una figura in abito bianco e lui solleva ancora lo sguardo fino ad incontrare un viso angelico circondato da boccoli rossi che lo guarda amorevole. Lui stringe i pugni e digrigna i denti, incontrando il suo sguardo.
«Brooklyn.»
Il ragazzo piega leggermente il capo da un lato e sorride, socchiudendo appena le palpebre.
«Brooklyn, dove siamo? Che razza di posto è questo?»
Cerca di alzarsi ma, improvvisamente, si rende conto di non potersi muovere. Stira ogni muscolo del suo corpo nello sforzo, ma non può, non ci riesce. La figura si inginocchia davanti a lui, sorridendo, portando il proprio viso all’altezza del suo.
«Perché combatti, Kai?» Solleva una mano e lui non può far nulla per impedirgli di appoggiargliela su una guancia. È gelido. «Perché ti ostini a opporti a me?»
Lui vorrebbe scansarsi, ma il suo corpo non gli obbedisce. Resta immobile, passivo alla mercé dell’altro, di qualsiasi cosa l’altro abbia in mente per lui.
Io non sono così, io sono più forte di lui!
Brooklyn si avvicina, lentamente, gli studia il viso, gli occhi, la sua espressione. E non smette di sorridere.
«Smettila di combattere. L’oblio sarà più dolce se ti lascerai accogliere.»
«Non ci sarà nessun oblio ad accogliermi» mormora, come può, sputandogli in faccia il suo disprezzo più totale. L’altro china il capo, continuando ad accarezzargli la guancia come se avesse pena di lui, come se stesse cercando di mettergli davanti agli occhi una realtà estremamente semplice che lui non era in grado di comprendere. Patetico.
«Ma sì che ti accoglierà, l’oblio, non temere.» Gli prende il mento tra le mani e gli solleva il viso senza fatica, senza che lui possa opporsi. «Ed arriverà presto, se tu smetterai di lottare.»
«Io non…» ma le parole gli muoiono in gola quando una sensazione agghiacciante inizia a farsi strada dentro di lui, nelle sue vene, paralizzandogli anche la volontà, schiacciata sotto quello sguardo di giada che non gli dà tregua.
Non può abbassare lo sguardo per vedere, ma la sente, sotto le mani e le ginocchia, la terra che si sgretola e vede il cielo spaccarsi in una voragine oscura che divora ogni cosa. Brooklyn gli afferra il viso e lo obbliga a guardarlo e Kai può solo spalancare gli occhi prima che lui lo lasci cadere nelle tenebre.
Non volta il capo, non ne ha la forza, quando sente le maglie oscure che lo circondano avvolgerlo, ghermirlo, ed è una bambola in mano ad un burattinaio pazzo, lasciando il suo corpo in balìa di quelle ombre che lo prendono, lo aprono, gli circondano caviglie e polsi, e la vita, il viso, gli si gettano sugli occhi, sulle labbra, bramose di inghiottire ogni parte di lui.
«Lascia che l’oblio ti accolga…»
È un tocco gentile, quello che preme sul suo petto, ma lui sente diramarsi un gelo per tutto il corpo.
«Lasciami…»
«Non lottare.»
«Lasciami!»
«Non opporti a me.»
Spalanca gli occhi quando sente mani ghiacciate sulla sua pelle e vorrebbe urlare quando quella bocca è sulla sua e senza sforzo lo costringe ad aprirsi a lui a lasciargli fare ogni cosa lui desideri. Le mani – quattro, dieci, cento, non riesce neanche a contarle – vagano sulla sua pelle rubandogli il calore, lo graffiano, impietose, lo toccano ovunque riescono ad arrivare e lui non può muoversi sotto quello sguardo di giada, troppo puro per appartenere ad un essere umano.
Quegli occhi gli scivolano addosso e lui sente le mani seguire il suo sguardo, piegarsi al volere di quel dittatore candido che desidera solo insegnarli una lezione.
Si agita, ma non riesce neanche a respirare, con quella bocca sulla sua, con quella lingua che gli porta via il respiro, e chiude gli occhi quando quelle mani gli artigliano il sedere e, senza pietà, gli spalancano le gambe.
Annaspa, in quel contatto non voluto e si trova ancora quegli occhi addosso, nei suoi, e gli sembra che il suo sguardo si stia facendo largo nel suo cervello, spaccandogli la retina e nervi, rendendolo cieco, capace di vedere solo quel verde puro. Non lo lascia neanche gridare, quando quelle mani si intrufolano dentro di lui, quando quelle dita – troppe, troppe, troppe, non possono essere così tante! – si muovono nel suo corpo e quegli occhi si impiantano nella sua testa facendolo impazzire dal dolore, facendolo sentire come se fosse spaccato in due e privato dell’aria, della coscienza, di qualsiasi barlume di legame che gli resta con il mondo reale.
Esala, lentamente e vuole solo lasciarsi andare, vuole solo che finisca, vuole solo scivolare nelle tenebre e non riprendersi mai più. La luce che vede è troppo accecante, il dolore insopportabile.
Sente la morsa sul suo corpo allentarsi, le mani che lo ghermiscono svanire e lui quasi sorride, ora che finalmente è libero da ogni peso che lo opprimeva.
Ma prima che possa chiudere gli occhi, vede una luce brillare sopra il suo viso e una mano – luminosa, come evanescente – tendersi verso di lui con tutte le sue forze.
Kai solleva la sua mano.
Fandom: Beyblade G Revolution
Personaggi: Brooklyn, Kai Hiwatari.
Pairing: Brooklyn/Kai
Parte: 1/1
Rating: NC17
Conteggio Parole: 1164 (Fidipù)
Beta Reader:
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-userinfo.gif)
Riassunto: Brooklyn, dall'alto della sua onnipotenza, indugia a giocare un po' con il suo avversario che è deciso a non lasciarsi sconfiggere fino all'ultimo.
Note: Scritta per la terza edizione del p0rn fest di
![[community profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/community.png)
Sia chiaro, non è che la Brooklyn/Kai mi piaccia come coppia: dire che è il mio sogno erotico segreto mi sembra molto più appropriato. *grin* (E l’aggiunta di quel briciolo di TaKa è perché sono un’inguaribile sentimentale.)
Spoiler: Collocata nell’episodio 48 della G Revolution
Disclaimer: Beyblade e i suoi personaggi appartengono a Takao Aoki che, per inciso, il super special awsome ultimo capitolo del Manga poteva pure risparmiarselo...
Warning: Missing Moment, Yaoi, PWP, scene di sesso non consensuale.
Non sa più dove si trova, se è realtà o semplicemente uno scherzo della sua immaginazione o un gioco perverso del suo aguzzino. Resta immobile, non un fiato, mentre tutti i rumori – le grida, le incitazioni, le parole – ogni cosa arriva attutita nelle sue orecchie, come attraverso una barriera che non può vedere né sentire.
Attorno a lui, solo giardini. Una distesa infinita che prosegue fino a perdita d’occhio di ciuffi d’erba scossi dal vento e fiori, a mucchietti sparsi, qua e là un albero a riparare con la sua ombra e uccellini che veleggiano tra le nuvole spumose in un cielo blu perfetto.
È tutto così stucchevole da fargli venire la nausea.
Dove mi trovo?!
Urla, sa di avere urlato, le sente nella gola, le sue grida, schiacciate contro le corde vocali, ma la sua stessa voce non è altro che un misero sussurro portato via dal vento. Urla ancora, di nuovo, più forte questa volta, ma la sua voce è ancora più bassa, ancora più attutita, ancora più fragile.
Si guarda intorno ma tutto ciò che lo circonda sembra seguire il suo sguardo, e ad un certo punto non sa più dov’è girato, dov’era prima, dove sta andando, se sta andando da qualche parte.
Vorrebbe chiudere gli occhi, tornare in sé, ma quel verde accecante, quella bolla fittizia di armonia continuano ad insinuarsi nel suo sguardo, nella sua testa, senza dargli pace. Cade in ginocchio, urla, e sbatte i pugni a terra.
Che posto è questo?!
Chiude gli occhi, serra le palpebre più che può e cerca di scacciarle, quelle immagini, mentre richiama a sé la sua forza, la sua rabbia, il suo orgoglio, la sua disperazione, qualunque cosa possa servirgli per distruggere quel posto, per farlo bruciare fino all’ultimo maledetto filo d’erba.
Vorrebbe esplodere, per il fuoco che si sente dentro, vorrebbe lasciarlo divampare fino ad estinguere tutto se stesso, ma gli si blocca nel petto, negli occhi, nella punta delle dita, schiacciato da quell’aria serafica che lo avvolge, e sembra cullarlo beffarda per metterlo a tacere.
«Perché combatti?»
Sente le orecchie stapparsi all’improvviso, come se ora potesse udire ogni cosa, e solleva la testa. C’è una figura davanti a lui, una figura in abito bianco e lui solleva ancora lo sguardo fino ad incontrare un viso angelico circondato da boccoli rossi che lo guarda amorevole. Lui stringe i pugni e digrigna i denti, incontrando il suo sguardo.
«Brooklyn.»
Il ragazzo piega leggermente il capo da un lato e sorride, socchiudendo appena le palpebre.
«Brooklyn, dove siamo? Che razza di posto è questo?»
Cerca di alzarsi ma, improvvisamente, si rende conto di non potersi muovere. Stira ogni muscolo del suo corpo nello sforzo, ma non può, non ci riesce. La figura si inginocchia davanti a lui, sorridendo, portando il proprio viso all’altezza del suo.
«Perché combatti, Kai?» Solleva una mano e lui non può far nulla per impedirgli di appoggiargliela su una guancia. È gelido. «Perché ti ostini a opporti a me?»
Lui vorrebbe scansarsi, ma il suo corpo non gli obbedisce. Resta immobile, passivo alla mercé dell’altro, di qualsiasi cosa l’altro abbia in mente per lui.
Io non sono così, io sono più forte di lui!
Brooklyn si avvicina, lentamente, gli studia il viso, gli occhi, la sua espressione. E non smette di sorridere.
«Smettila di combattere. L’oblio sarà più dolce se ti lascerai accogliere.»
«Non ci sarà nessun oblio ad accogliermi» mormora, come può, sputandogli in faccia il suo disprezzo più totale. L’altro china il capo, continuando ad accarezzargli la guancia come se avesse pena di lui, come se stesse cercando di mettergli davanti agli occhi una realtà estremamente semplice che lui non era in grado di comprendere. Patetico.
«Ma sì che ti accoglierà, l’oblio, non temere.» Gli prende il mento tra le mani e gli solleva il viso senza fatica, senza che lui possa opporsi. «Ed arriverà presto, se tu smetterai di lottare.»
«Io non…» ma le parole gli muoiono in gola quando una sensazione agghiacciante inizia a farsi strada dentro di lui, nelle sue vene, paralizzandogli anche la volontà, schiacciata sotto quello sguardo di giada che non gli dà tregua.
Non può abbassare lo sguardo per vedere, ma la sente, sotto le mani e le ginocchia, la terra che si sgretola e vede il cielo spaccarsi in una voragine oscura che divora ogni cosa. Brooklyn gli afferra il viso e lo obbliga a guardarlo e Kai può solo spalancare gli occhi prima che lui lo lasci cadere nelle tenebre.
Non volta il capo, non ne ha la forza, quando sente le maglie oscure che lo circondano avvolgerlo, ghermirlo, ed è una bambola in mano ad un burattinaio pazzo, lasciando il suo corpo in balìa di quelle ombre che lo prendono, lo aprono, gli circondano caviglie e polsi, e la vita, il viso, gli si gettano sugli occhi, sulle labbra, bramose di inghiottire ogni parte di lui.
«Lascia che l’oblio ti accolga…»
È un tocco gentile, quello che preme sul suo petto, ma lui sente diramarsi un gelo per tutto il corpo.
«Lasciami…»
«Non lottare.»
«Lasciami!»
«Non opporti a me.»
Spalanca gli occhi quando sente mani ghiacciate sulla sua pelle e vorrebbe urlare quando quella bocca è sulla sua e senza sforzo lo costringe ad aprirsi a lui a lasciargli fare ogni cosa lui desideri. Le mani – quattro, dieci, cento, non riesce neanche a contarle – vagano sulla sua pelle rubandogli il calore, lo graffiano, impietose, lo toccano ovunque riescono ad arrivare e lui non può muoversi sotto quello sguardo di giada, troppo puro per appartenere ad un essere umano.
Quegli occhi gli scivolano addosso e lui sente le mani seguire il suo sguardo, piegarsi al volere di quel dittatore candido che desidera solo insegnarli una lezione.
Si agita, ma non riesce neanche a respirare, con quella bocca sulla sua, con quella lingua che gli porta via il respiro, e chiude gli occhi quando quelle mani gli artigliano il sedere e, senza pietà, gli spalancano le gambe.
Annaspa, in quel contatto non voluto e si trova ancora quegli occhi addosso, nei suoi, e gli sembra che il suo sguardo si stia facendo largo nel suo cervello, spaccandogli la retina e nervi, rendendolo cieco, capace di vedere solo quel verde puro. Non lo lascia neanche gridare, quando quelle mani si intrufolano dentro di lui, quando quelle dita – troppe, troppe, troppe, non possono essere così tante! – si muovono nel suo corpo e quegli occhi si impiantano nella sua testa facendolo impazzire dal dolore, facendolo sentire come se fosse spaccato in due e privato dell’aria, della coscienza, di qualsiasi barlume di legame che gli resta con il mondo reale.
Esala, lentamente e vuole solo lasciarsi andare, vuole solo che finisca, vuole solo scivolare nelle tenebre e non riprendersi mai più. La luce che vede è troppo accecante, il dolore insopportabile.
Sente la morsa sul suo corpo allentarsi, le mani che lo ghermiscono svanire e lui quasi sorride, ora che finalmente è libero da ogni peso che lo opprimeva.
Ma prima che possa chiudere gli occhi, vede una luce brillare sopra il suo viso e una mano – luminosa, come evanescente – tendersi verso di lui con tutte le sue forze.
Kai solleva la sua mano.