[One Piece] Perfetti sconosciuti
Dec. 23rd, 2011 12:08 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Perfetti sconosciuti
Fandom: One Piece
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji
Pairing: Zoro/Sanji
Rating: NC17
Conteggio Parole: 1864 (Fidipù)
Challenge: P0rn Friday – III Settimana @
kinkmeme_ita
Prompt: Sesso Anonimo
Riassunto: Avrebbe avuto tempo per fargliela pagare, si disse, sbadigliando. L'indomani mattina avrebbe avuto tempo per tante cose – come chiedergli quale accidenti fosse il suo nome, tanto per cominciare.
Note: Ma che ne so? *ride tanto* Era da parecchio che non scrivevo p0rn, quindi mi sento arrugginita, quindi sono abbastanza certa che faccia cagare. E perdonatemi la licenza poetica di Zoro che riesce miracolosamente a riportare Sanji a casa: non avevo propriovoglia tempo per farlo perdere da qualche parte. E non cercate una trama: non c'è. *si eclissa*
Ringraziamenti: A Sonia, che l'ha letta in anteprima. ♥
Spoiler: Nessuno
Disclaimer: Tutto appartiene a Oda.
Warning: AU, Lemon, OOC perché Sanji è ubriaco, PWP, Yaoi.
Sanji si rese conto che qualcosa non quadrava nel momento esatto in cui la sua testa cozzò violentemente contro la porta del suo appartamento e nello stesso istante si rese anche conto che la sua giacca era sparita chissà dove, che i suoi piedi non toccavano terra e che un tizio piuttosto muscoloso che era sicuro di non aver mai visto prima di quel momento era premuto contro di lui e gli stava ficcando la lingua in gola.
Sanji sbatté le palpebre un paio di volte e poi scosse il capo, riuscendo in qualche modo a liberarsi della bocca dell'altro per immagazzinare un po' d'aria. «Ma che cazzo…?»
Il tizio sconosciuto gli afferrò più saldamente il sedere tra le mani e si scostò, lasciandogli riprendere fiato e inspirando con forza a sua volta. «Cosa?» borbottò. Aveva una voce profonda, rude. E il suo alito puzzava di alcol. Parecchio alcol.
Sanji gli mise le mani sulle spalle e cercò di guardarlo in faccia, ma per qualche motivo la sua vista era annebbiata e tutta quella situazione, invece di terrorizzarlo – o quantomeno scatenare da parte sua una reazione violenta – gli faceva quasi venire da ridere. «Oh,» disse, appoggiando la nuca contro la porta. «Sono ubriaco.»
L'altro annuì. «Completamente.»
«E sei ubriaco anche tu?» gli chiese stupidamente, ottenendo questa volta una risposta negativa.
«Se fossi stato ubriaco non sarei riuscito a trascinarti fin qui, ti sembra?»
Sanji sbatté di nuovo le palpebre. La roba che gli avevano dato da bere doveva essere davvero di infima qualità, pensò, altrimenti perché mai gli sembrava che i capelli di questo tizio fossero di un così bel verde brillante? E poi, dove diavolo era andato a pescarlo? In quel preciso istante fu colto da un lampo improvviso e gli sembrò quasi di sentire della musica martellante rimbombargli nelle orecchie. Una festa; doveva averlo conosciuto ad una festa. Ma la festa di chi? Chiuse un momento gli occhi, come a voler riordinare le idee, ma queste si ammassarono nuovamente nella sua testa creando un vortice di informazioni impossibili da isolare e che gli impedivano di ragionare. Alla fine, decise di lasciar perdere.
«Ehi?» mugugnò lo sconosciuto e Sanji tornò a guardarlo in faccia, rendendosi conto vagamente di essere ancora in braccio a lui.
«Cosa?»
«Ti senti bene? Vuoi un po' d'acqua?»
«Ti ho pagato?»
L'altro lo guardò sbigottito per un lungo momento. «Cosa?»
«Ti ho pagato per fare del sesso?»
Se non fosse stato così buio, Sanji avrebbe sicuramente notato la sfumatura quasi violacea che era salita ad imporporargli le guance. «Certo che no! Ma che diavolo ti salta in mente?»
«Quindi stai cercando di approfittarti di un povero ubriaco?»
L'altro rimase un momento in silenzio ma, per qualche ragione, ancora non si decise a rimetterlo per terra. «No. Mi hai invitato tu, e non mi hai pagato. Contento adesso?»
Sanji cercò di valutare lucidamente la situazione, ma la sua testa sembrava essere completamente nel pallone e la temperatura della stanza era più alta di quanta lui potesse sopportarne. E poi c'era anche il fatto che questo tizio non sembrava essere male per niente, o così gli suggerivano i pantaloni ormai troppo stretti che aveva addosso.
«Mi hai detto come ti chiami?»
«No.»
Sanji ispirò a fondo. «E io ti ho detto come mi chiamo?»
«Nemmeno.» Il tizio – Zoro – lo fissò per un momento e poi, quasi controvoglia, gli chiese: «Senti, vuoi che la smettiamo?»
Sanji scosse il capo. «No, va bene,» biascicò, portando le mani ai lati del suo viso. Le sue dita toccarono qualcosa di freddo e metallico, forse orecchini, ma non ci fece particolare caso. «Tanto sono così ubriaco che domani avrò dimenticato tutto.»
Senza aggiungere altro chiuse nuovamente la distanza fra loro, premendo le proprie labbra sulle sue con quanta forza aveva in corpo e l'ultimo pensiero coerente che gli attraversò la mente, prima di essere trascinato sul divano del suo soggiorno, fu che quest'uomo aveva un odore davvero intossicante. Troppo intossicante.
Zoro gli tolse anche la cravatta, a fatica, e con la scusa di riprendere aria si staccò dalla sua bocca e scese ad accarezzargli la gola con le labbra, seguendo con la lingua la linea delle arterie che pulsavano mentre con le dita finiva di sbottonargli la camicia e aprirgli la cintura, intrufolandosi senza tanti complimenti nei suoi pantaloni.
Sanji gemette quando le dita calde si strinsero attorno alla sua eccitazione e cercò di lottare con tutte le sue forze contro l'alcol che gli impediva i movimenti per cercare di togliergli la maglia che, comunque, finì ben presto sul pavimento a far compagnia agli altri vestiti.
A quel punto Zoro gli baciò il petto e prese tra i denti uno dei suoi capezzoli, stuzzicandolo con la lingua; la sua pelle era calda, sudata, morbida. La sua lingua scivolò lungo la linea degli addominali, fino all'ombelico, la pancia e poi risalì, affondando i denti nella sua carne solo per sentirne il profumo intenso, la consistenza.
Sanji teneva gli occhi chiusi e la testa rivoltata all'indietro, incapace di dare un ordine a tutte quelle sensazioni folli che si rincorrevano di cellula in cellula, lungo tutto il suo corpo. Le dita che lo toccavano sembravano ovunque, infilate in ogni anfratto, posate su ogni lembo di pelle scoperta; il respiro caldo sembrava fuoco vivo sulla sua carne e una parte di lui voleva restare lì, immobile sotto quella tortura dolcissima che riusciva a spegnere ogni barlume di raziocinio e lo lasciava inerme alla mercé di quel corpo bollente premuto sopra il suo.
Zoro gli posò una mano sul fianco e Sanji improvvisamente aprì gli occhi, scuotendo il capo. «Ma neanche per sogno,» borbottò e si aggrappò alla sponda del divano per darsi la spinta. Si sollevò di scatto, facendo quasi perdere l'equilibrio all'altro.
«Che diavolo…?»
Sanji si gettò su di lui, sulla sua bocca, impedendogli così di parlare. L'odore di alcol gli penetrò nelle narici e approfondì ancora il bacio, schiacciandosi su di lui come se volesse essere assorbito e assorbirlo a sua volta. Dopo un momento di incertezza Zoro gli strinse il capelli biondi tra le dita e gli piegò la testa da parte, tornando a prendere il controllo del bacio.
A quel tizio piaceva averla sempre vinta, a quanto pare, pensò, liberandosi dalla sua presa per immagazzinare un po' d'aria. Ma lui non gli avrebbe permesso di fare tutto quanto da solo. Gli poggiò le mani sul petto nudo e sudato e lo spinse indietro, facendolo sedere sui cuscini del divano.
Zoro lo guardò storto. «Che stai facendo?»
Sanji non gli rispose. Gli baciò di nuovo le labbra, il mento, il petto e scese ancora, mentre gli apriva i pantaloni, scese di più, fino a trovarsi con il viso tra le sue cosce, e quando lo prese in bocca Zoro si lasciò scappare un ringhio sommesso subito inglobato in un gemito basso e caldo. Sanji sapeva che avrebbe potuto torturarlo come voleva, adesso, ma forse a causa dell'alcol o del bisogno che sentiva crescere di secondo in secondo decise di lasciar perdere; cominciò a succhiarlo velocemente, scivolando su e giù lungo tutta la sua lunghezza, e Zoro gli afferrò nuovamente i capelli nel pugno e rimase immobile, a guardare il suo pene entrare e uscire da quella bocca bollente mentre cercava di lottare contro i gemiti che gli scoppiavano nel petto.
Venne poco dopo, con un ringhio basso, sul suo viso, le guance accaldate. Sanji si leccò un angolo della bocca e Zoro lo fece sollevare fino alla sua altezza, per baciarlo di nuovo. Il sapore dell'alcol e del seme si confondevano sulle loro lingue mentre le loro mani avevano ripreso a toccarsi, alla ricerca di ogni centimetro di pelle, e ben presto il resto dei loro vestiti fu gettato alla rinfusa e le dita di Zoro si fecero largo nella sua carne bollente insieme ai gemiti e alle urla di dolore.
Sanji strinse le dita attorno ai suoi capelli troppo corti e Zoro appoggiò la fronte sul suo petto mentre scivolava con le dita dentro e fuori dal suo corpo. Era stretto e caldo, ancora più di quanto avesse potuto sperare, e mano a mano che lo preparava sentiva la propria voglia crescere quasi prepotentemente, fino a che ogni anfratto del suo corpo non fu invaso dalla voglia di prenderlo il prima possibile.
Zoro si sollevò e si spinse sopra di lui, facendolo stendere sul divano e uscì velocemente, sollevando una delle sue gambe oltre la propria spalla e mettendosi a cavalcioni sull'altra. Nonostante tutto il suo corpo fremesse nell'attesa lui non si mosse; rimase immobile ad osservare Sanji steso sotto di lui, la schiena inarcata, il petto ansante, il viso sudato e arrossato, gli occhi profondi che lo guardavano attraverso la frangia di capelli biondi. Inspirò a fondo, ordinando al suo cervello di memorizzare quell'immagine e di fare in modo che non la dimenticasse mai.
Sanji allungò una mano verso di lui e gli afferrò la nuca, costringendolo a guardarlo più da vicino. «Che stai aspettando?» ringhiò, la voce roca e affamata e Zoro sorrise. «Niente.»
Lo penetrò con una spinta secca, forse troppo, ma in quel momento andava bene così. In quel momento andava bene ogni cosa. Sanji chiuse gli occhi e strinse il cuscino tra le dita e i denti, inspirando con forza ad ogni movimento dell'altro che, dopo un attimo di esitazione, aveva cominciato a muoversi avanti e indietro, affondando dentro di lui sempre più velocemente, sempre con maggiore intensità.
Il calore era quasi insopportabile, la stretta così forte che gli sembrava di non poter più uscire affatto. Si mosse con tutta la sua forza, lasciando che la carne calda e pulsante lo risucchiasse fino in fondo, sentendo il proprio corpo tremare ogni volta che affondava in lui sempre più in profondità.
Se avesse creduto in un qualche dio, questo sarebbe stato il momento giusto per mettersi a pregare. Era sull'orlo di un baratro infernale e poteva vedere le fiamme levarsi verso di lui e avvilupparlo fino a fargli bruciare la carne, mentre il suo corpo fremeva per cadere e cadere e cadere ancora più in profondità, fino al cuore stesso di quell'inferno di pelle e muscoli e sudore che lo guardava con gli occhi velati di una lussuria cieca e lo incitava a dargli di più, sempre di più, fino a che non fosse riuscito a consumare entrambe le loro anime, fino a che non fosse riuscito a spegnere quel fuoco che li divorava e di cui non erano mai sazi.
Sanji venne e premette la faccia contro il cuscino mentre Zoro continuava a muoversi con sempre maggiore energia, fino a che non ebbe uno spasmo e un tremito e tutto il suo corpo si irrigidì per un lunghissimo istante prima che l'ondata di piacere lo travolse del tutto ed esplose quasi violentemente, facendolo venire dentro di lui.
La stanza fu improvvisamente pervasa da un silenzio innaturale. Zoro scivolò fuori dal suo corpo lentamente, soffrendo quasi ad allontanarsi da quel calore e si lasciò ricadere sul divano sopra di lui, gli occhi chiusi, già mezzo addormentato.
Sanji socchiuse un occhio per guardarlo e il suo primo istinto di tirargli una gomitata fu inghiottito dal sonno che cominciava a farsi strada dentro di lui e al tepore emanato dal corpo appoggiato contro il suo.
Avrebbe avuto tempo per fargliela pagare, si disse, sbadigliando. L'indomani mattina avrebbe avuto tempo per tante cose – come chiedergli quale accidenti fosse il suo nome, tanto per cominciare.
Fandom: One Piece
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji
Pairing: Zoro/Sanji
Rating: NC17
Conteggio Parole: 1864 (Fidipù)
Challenge: P0rn Friday – III Settimana @
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Prompt: Sesso Anonimo
Riassunto: Avrebbe avuto tempo per fargliela pagare, si disse, sbadigliando. L'indomani mattina avrebbe avuto tempo per tante cose – come chiedergli quale accidenti fosse il suo nome, tanto per cominciare.
Note: Ma che ne so? *ride tanto* Era da parecchio che non scrivevo p0rn, quindi mi sento arrugginita, quindi sono abbastanza certa che faccia cagare. E perdonatemi la licenza poetica di Zoro che riesce miracolosamente a riportare Sanji a casa: non avevo proprio
Ringraziamenti: A Sonia, che l'ha letta in anteprima. ♥
Spoiler: Nessuno
Disclaimer: Tutto appartiene a Oda.
Warning: AU, Lemon, OOC perché Sanji è ubriaco, PWP, Yaoi.
Sanji si rese conto che qualcosa non quadrava nel momento esatto in cui la sua testa cozzò violentemente contro la porta del suo appartamento e nello stesso istante si rese anche conto che la sua giacca era sparita chissà dove, che i suoi piedi non toccavano terra e che un tizio piuttosto muscoloso che era sicuro di non aver mai visto prima di quel momento era premuto contro di lui e gli stava ficcando la lingua in gola.
Sanji sbatté le palpebre un paio di volte e poi scosse il capo, riuscendo in qualche modo a liberarsi della bocca dell'altro per immagazzinare un po' d'aria. «Ma che cazzo…?»
Il tizio sconosciuto gli afferrò più saldamente il sedere tra le mani e si scostò, lasciandogli riprendere fiato e inspirando con forza a sua volta. «Cosa?» borbottò. Aveva una voce profonda, rude. E il suo alito puzzava di alcol. Parecchio alcol.
Sanji gli mise le mani sulle spalle e cercò di guardarlo in faccia, ma per qualche motivo la sua vista era annebbiata e tutta quella situazione, invece di terrorizzarlo – o quantomeno scatenare da parte sua una reazione violenta – gli faceva quasi venire da ridere. «Oh,» disse, appoggiando la nuca contro la porta. «Sono ubriaco.»
L'altro annuì. «Completamente.»
«E sei ubriaco anche tu?» gli chiese stupidamente, ottenendo questa volta una risposta negativa.
«Se fossi stato ubriaco non sarei riuscito a trascinarti fin qui, ti sembra?»
Sanji sbatté di nuovo le palpebre. La roba che gli avevano dato da bere doveva essere davvero di infima qualità, pensò, altrimenti perché mai gli sembrava che i capelli di questo tizio fossero di un così bel verde brillante? E poi, dove diavolo era andato a pescarlo? In quel preciso istante fu colto da un lampo improvviso e gli sembrò quasi di sentire della musica martellante rimbombargli nelle orecchie. Una festa; doveva averlo conosciuto ad una festa. Ma la festa di chi? Chiuse un momento gli occhi, come a voler riordinare le idee, ma queste si ammassarono nuovamente nella sua testa creando un vortice di informazioni impossibili da isolare e che gli impedivano di ragionare. Alla fine, decise di lasciar perdere.
«Ehi?» mugugnò lo sconosciuto e Sanji tornò a guardarlo in faccia, rendendosi conto vagamente di essere ancora in braccio a lui.
«Cosa?»
«Ti senti bene? Vuoi un po' d'acqua?»
«Ti ho pagato?»
L'altro lo guardò sbigottito per un lungo momento. «Cosa?»
«Ti ho pagato per fare del sesso?»
Se non fosse stato così buio, Sanji avrebbe sicuramente notato la sfumatura quasi violacea che era salita ad imporporargli le guance. «Certo che no! Ma che diavolo ti salta in mente?»
«Quindi stai cercando di approfittarti di un povero ubriaco?»
L'altro rimase un momento in silenzio ma, per qualche ragione, ancora non si decise a rimetterlo per terra. «No. Mi hai invitato tu, e non mi hai pagato. Contento adesso?»
Sanji cercò di valutare lucidamente la situazione, ma la sua testa sembrava essere completamente nel pallone e la temperatura della stanza era più alta di quanta lui potesse sopportarne. E poi c'era anche il fatto che questo tizio non sembrava essere male per niente, o così gli suggerivano i pantaloni ormai troppo stretti che aveva addosso.
«Mi hai detto come ti chiami?»
«No.»
Sanji ispirò a fondo. «E io ti ho detto come mi chiamo?»
«Nemmeno.» Il tizio – Zoro – lo fissò per un momento e poi, quasi controvoglia, gli chiese: «Senti, vuoi che la smettiamo?»
Sanji scosse il capo. «No, va bene,» biascicò, portando le mani ai lati del suo viso. Le sue dita toccarono qualcosa di freddo e metallico, forse orecchini, ma non ci fece particolare caso. «Tanto sono così ubriaco che domani avrò dimenticato tutto.»
Senza aggiungere altro chiuse nuovamente la distanza fra loro, premendo le proprie labbra sulle sue con quanta forza aveva in corpo e l'ultimo pensiero coerente che gli attraversò la mente, prima di essere trascinato sul divano del suo soggiorno, fu che quest'uomo aveva un odore davvero intossicante. Troppo intossicante.
Zoro gli tolse anche la cravatta, a fatica, e con la scusa di riprendere aria si staccò dalla sua bocca e scese ad accarezzargli la gola con le labbra, seguendo con la lingua la linea delle arterie che pulsavano mentre con le dita finiva di sbottonargli la camicia e aprirgli la cintura, intrufolandosi senza tanti complimenti nei suoi pantaloni.
Sanji gemette quando le dita calde si strinsero attorno alla sua eccitazione e cercò di lottare con tutte le sue forze contro l'alcol che gli impediva i movimenti per cercare di togliergli la maglia che, comunque, finì ben presto sul pavimento a far compagnia agli altri vestiti.
A quel punto Zoro gli baciò il petto e prese tra i denti uno dei suoi capezzoli, stuzzicandolo con la lingua; la sua pelle era calda, sudata, morbida. La sua lingua scivolò lungo la linea degli addominali, fino all'ombelico, la pancia e poi risalì, affondando i denti nella sua carne solo per sentirne il profumo intenso, la consistenza.
Sanji teneva gli occhi chiusi e la testa rivoltata all'indietro, incapace di dare un ordine a tutte quelle sensazioni folli che si rincorrevano di cellula in cellula, lungo tutto il suo corpo. Le dita che lo toccavano sembravano ovunque, infilate in ogni anfratto, posate su ogni lembo di pelle scoperta; il respiro caldo sembrava fuoco vivo sulla sua carne e una parte di lui voleva restare lì, immobile sotto quella tortura dolcissima che riusciva a spegnere ogni barlume di raziocinio e lo lasciava inerme alla mercé di quel corpo bollente premuto sopra il suo.
Zoro gli posò una mano sul fianco e Sanji improvvisamente aprì gli occhi, scuotendo il capo. «Ma neanche per sogno,» borbottò e si aggrappò alla sponda del divano per darsi la spinta. Si sollevò di scatto, facendo quasi perdere l'equilibrio all'altro.
«Che diavolo…?»
Sanji si gettò su di lui, sulla sua bocca, impedendogli così di parlare. L'odore di alcol gli penetrò nelle narici e approfondì ancora il bacio, schiacciandosi su di lui come se volesse essere assorbito e assorbirlo a sua volta. Dopo un momento di incertezza Zoro gli strinse il capelli biondi tra le dita e gli piegò la testa da parte, tornando a prendere il controllo del bacio.
A quel tizio piaceva averla sempre vinta, a quanto pare, pensò, liberandosi dalla sua presa per immagazzinare un po' d'aria. Ma lui non gli avrebbe permesso di fare tutto quanto da solo. Gli poggiò le mani sul petto nudo e sudato e lo spinse indietro, facendolo sedere sui cuscini del divano.
Zoro lo guardò storto. «Che stai facendo?»
Sanji non gli rispose. Gli baciò di nuovo le labbra, il mento, il petto e scese ancora, mentre gli apriva i pantaloni, scese di più, fino a trovarsi con il viso tra le sue cosce, e quando lo prese in bocca Zoro si lasciò scappare un ringhio sommesso subito inglobato in un gemito basso e caldo. Sanji sapeva che avrebbe potuto torturarlo come voleva, adesso, ma forse a causa dell'alcol o del bisogno che sentiva crescere di secondo in secondo decise di lasciar perdere; cominciò a succhiarlo velocemente, scivolando su e giù lungo tutta la sua lunghezza, e Zoro gli afferrò nuovamente i capelli nel pugno e rimase immobile, a guardare il suo pene entrare e uscire da quella bocca bollente mentre cercava di lottare contro i gemiti che gli scoppiavano nel petto.
Venne poco dopo, con un ringhio basso, sul suo viso, le guance accaldate. Sanji si leccò un angolo della bocca e Zoro lo fece sollevare fino alla sua altezza, per baciarlo di nuovo. Il sapore dell'alcol e del seme si confondevano sulle loro lingue mentre le loro mani avevano ripreso a toccarsi, alla ricerca di ogni centimetro di pelle, e ben presto il resto dei loro vestiti fu gettato alla rinfusa e le dita di Zoro si fecero largo nella sua carne bollente insieme ai gemiti e alle urla di dolore.
Sanji strinse le dita attorno ai suoi capelli troppo corti e Zoro appoggiò la fronte sul suo petto mentre scivolava con le dita dentro e fuori dal suo corpo. Era stretto e caldo, ancora più di quanto avesse potuto sperare, e mano a mano che lo preparava sentiva la propria voglia crescere quasi prepotentemente, fino a che ogni anfratto del suo corpo non fu invaso dalla voglia di prenderlo il prima possibile.
Zoro si sollevò e si spinse sopra di lui, facendolo stendere sul divano e uscì velocemente, sollevando una delle sue gambe oltre la propria spalla e mettendosi a cavalcioni sull'altra. Nonostante tutto il suo corpo fremesse nell'attesa lui non si mosse; rimase immobile ad osservare Sanji steso sotto di lui, la schiena inarcata, il petto ansante, il viso sudato e arrossato, gli occhi profondi che lo guardavano attraverso la frangia di capelli biondi. Inspirò a fondo, ordinando al suo cervello di memorizzare quell'immagine e di fare in modo che non la dimenticasse mai.
Sanji allungò una mano verso di lui e gli afferrò la nuca, costringendolo a guardarlo più da vicino. «Che stai aspettando?» ringhiò, la voce roca e affamata e Zoro sorrise. «Niente.»
Lo penetrò con una spinta secca, forse troppo, ma in quel momento andava bene così. In quel momento andava bene ogni cosa. Sanji chiuse gli occhi e strinse il cuscino tra le dita e i denti, inspirando con forza ad ogni movimento dell'altro che, dopo un attimo di esitazione, aveva cominciato a muoversi avanti e indietro, affondando dentro di lui sempre più velocemente, sempre con maggiore intensità.
Il calore era quasi insopportabile, la stretta così forte che gli sembrava di non poter più uscire affatto. Si mosse con tutta la sua forza, lasciando che la carne calda e pulsante lo risucchiasse fino in fondo, sentendo il proprio corpo tremare ogni volta che affondava in lui sempre più in profondità.
Se avesse creduto in un qualche dio, questo sarebbe stato il momento giusto per mettersi a pregare. Era sull'orlo di un baratro infernale e poteva vedere le fiamme levarsi verso di lui e avvilupparlo fino a fargli bruciare la carne, mentre il suo corpo fremeva per cadere e cadere e cadere ancora più in profondità, fino al cuore stesso di quell'inferno di pelle e muscoli e sudore che lo guardava con gli occhi velati di una lussuria cieca e lo incitava a dargli di più, sempre di più, fino a che non fosse riuscito a consumare entrambe le loro anime, fino a che non fosse riuscito a spegnere quel fuoco che li divorava e di cui non erano mai sazi.
Sanji venne e premette la faccia contro il cuscino mentre Zoro continuava a muoversi con sempre maggiore energia, fino a che non ebbe uno spasmo e un tremito e tutto il suo corpo si irrigidì per un lunghissimo istante prima che l'ondata di piacere lo travolse del tutto ed esplose quasi violentemente, facendolo venire dentro di lui.
La stanza fu improvvisamente pervasa da un silenzio innaturale. Zoro scivolò fuori dal suo corpo lentamente, soffrendo quasi ad allontanarsi da quel calore e si lasciò ricadere sul divano sopra di lui, gli occhi chiusi, già mezzo addormentato.
Sanji socchiuse un occhio per guardarlo e il suo primo istinto di tirargli una gomitata fu inghiottito dal sonno che cominciava a farsi strada dentro di lui e al tepore emanato dal corpo appoggiato contro il suo.
Avrebbe avuto tempo per fargliela pagare, si disse, sbadigliando. L'indomani mattina avrebbe avuto tempo per tante cose – come chiedergli quale accidenti fosse il suo nome, tanto per cominciare.
no subject
Date: 2011-12-23 11:23 am (UTC)Perché non fa mai male, accidenti
Mi piace la schiettezza della storia e chissene frega se Sanji era un pochino OOC, l'ubriachezza fa su quel damerino quest'effetto
«Ti ho pagato?»
L'altro lo guardò sbigottito per un lungo momento. «Cosa?»
«Ti ho pagato per fare del sesso?»
Se non fosse stato così buio, Sanji avrebbe sicuramente notato la sfumatura quasi violacea che era salita ad imporporargli le guance. «Certo che no! Ma che diavolo ti salta in mente?»
Questa parte mi ha fatta morire
Aye, sono una pessima persona, lo so ♥
*Il commento a random senza senso non manca mai*
no subject
Date: 2011-12-23 12:01 pm (UTC)Comunque, gh, grazie mille per averla letta. ♥ (E quella parte piace tanto anche a me, quindi siamo pessime persone in due XD)
Ancora grazie, mi piacciono i commenti senza senso. <3