mapi_littleowl: (Gundam Wing - Heero)
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La giornata era uggiosa e Connor, avvolto nella sua sciarpa, continuava a fissare l'ora sul cellulare come se ciò potesse far scorrere il tempo più velocemente.

Aveva un fastidio sottopelle di cui era troppo stufo per curarsene: desiderava solo che il treno arrivasse presto e che lo portasse a scuola senza ulteriori ritardi.

Guardò ancora il telefono. Era passato un minuto. La musica che stava ascoltando non aiutava a fargli perdere la concezione del tempo, e allora sollevò lo sguardo a destra e sinistra, sulla folla di disagiati come lui che stavano aspettando il treno.

Per lo più erano studenti e lavoratori pendolari, come tutte le mattine – alcuni Umani, altri no; Connor poteva sentirne l'odore nell'aria, li poteva distinguere nella folla, più alti, più imponenti, più vistosi. Ormai avrebbe dovuto farvi l'abitudine, ma per lui restava comunque strano camminare per strada ed essere superati da un branco di licantropi o vedere un gruppo di sirene parlottare sul ciglio della strada.

Quando per sbaglio incrociò lo sguardo di una Creatura, Connor tremò e abbassò lo sguardo sul telefono. 7:42. L'ora avrebbe dovuto dirgli qualcosa, ma siccome non riusciva a ricordare cosa, lo scacciò dalla mente. Così era più facile.

Uno scampanellio comunicò alla folla che il treno era in procinto di entrare in stazione. Connor rilasciò il fiato che non si era accorto di aver trattenuto. Il brivido sottopelle non se ne andava e lui si diede uno scossone, dando la colpa al freddo.

7:43

Connor sollevò gli occhi al cielo. Non gli interessava nemmeno arrivare a scuola in orario, voleva solo che qualcosa si muovesse, che quella sensazione paralizzante che sentiva nei gomiti e nelle ginocchia passasse il più in fretta possibile.

Alle 7:45 l'altoparlante annunciò un treno in arrivo in stazione e lui sollevò gli occhi al cielo, grato. Lentamente, ma qualcosa si stava muovendo.

Alla sua sinistra un trio di Elfe vocalizzarono il suo stesso sollievo, e vagamente lui si domandò se non sarebbe stato meglio fare quel tratto con alcuni dei suoi compagni di scuola che abitavano nella zona, piuttosto che per conto suo: tuttavia, per farla insieme a loro avrebbe dovuto prendere l'altra linea, che distava di più da casa sua rispetto a questa fermata; non ne valeva la pena.

Il treno entrò in stazione. Era bianco splendente e portava il capolinea scritto al neon sul muso e sopra ad ogni porta. Connor rimase a guardare le scritte luccicanti e quando un campanello annunciò l'apertura delle porte venne trascinato dalla folla sul treno.

Come tutte le mattine non trovò alcun posto dove sedersi, ma non era importante. Si aggrappò a un palo e guardò di nuovo il telefono, facendo scorrere la pagina delle news senza leggerle per davvero – soliti problemi all'estero, soliti problemi in casa, soliti problemi ovunque.

Gli stavano stretti, i problemi. Connor amava le cose semplici, senza complicazioni: le giornate tutte uguali, senza deviazioni dalla norma, senza progetti erano le sue preferite e lui cercava di attenervisi il più possibile.

Connor sistemò il telefono in tasca e tentò di non brontolare quando qualcuno sbatté contro di lui ad una fermata un po' brusca del treno.

Senza che nemmeno sapesse bene il perché, l'occhio gli cadde sulla mano sinistra, quella aggrappata al palo. Dalle dita strette attorno al metallo scivolò lungo il palmo e poi sul polso. Sbatté le palpebre. Guardò di nuovo, con la bocca aperta e a malapena si accorse delle porte che si aprivano e poi si richiudevano alla sua fermata, del treno che continuava il suo viaggio senza curarsi di lui.

L'orologio sul suo polso era a zero. L'orologio sul suo polso, che dal giorno in cui era nato contava il tempo che gli mancava prima di incontrare la sua unica Anima Gemella era a zero.

Aveva incontrato la sua Anima Gemella e non se n'era accorto.

Si guardò intorno, gli occhi spalancati, alla ricerca di qualcuno nelle sue stesse condizioni, qualcuno che osservasse la folla con la sua stessa apprensione, ma non vide nessuno: sembrava che tutti fossero tranquillamente preso dai fatti loro, nessuno col naso sollevato dal suo telefono o tablet.

Connor deglutì. Aveva incontrato la sua Anima Gemella e, per quel che ne sapeva, se l'era perduta.

"Oh, merda," disse.

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